lunedì 8 settembre 2008

Denali 2008...ad un soffio dalla vetta!

La salita del Denali parte dalla “ridente” località di Talkeetna, cui si arriva in macchina da Anchorage. Qui sulle targhe delle auto c’e’ scritto: “Alaska –The Last Frontier-“ ed è proprio questa l’impressione che si ha appena arrivati. Quello che dovete immaginare è un’unica strada asfaltata, da cui si diramano una serie di vicoli sterrati che finiscono nel nulla...insomma, essere a Talkeetna è come essere ad Hazzard (ricordate il famoso telefilm anni ’80?).
In paese ci sono numerosi negozietti di souvenir, qualche birreria, una stazione dei Rangers del “Denali National Park”, un Post Office ed un’aerostazione da cui partono piccoli aerei che, per la maggior parte, portano turisti a sorvolare la zona del Denali National Park e dell’Alaska Range, e che per il resto, scaricano alpinisti ed avventurieri sul ghiacciaio di Kahiltna a 2.200 m.
Ecco, proprio da questo punto parte la salita per il monte Denali. Una volta scesi da questo "aeroplanino" a 4 posti, atterrato su una lingua di ghiaccio circondata da montagne, inizia il totale isolamento da quella che in genere viene definita civiltà, e parte un intenso viaggio nella natura.
Sistemati i circa 35 kg a testa tra zaino e slitta, non resta altro che avviarsi su una pista di neve e ghiaccio verso il campo 1, che dista circa 9 km dal punto in cui è atterrato l’aereo. A queste altitudini il sole è ancora caldo, e se si aggiunge la fatica del trascinare il peso della slitta, ci si rende subito conto che quello che si sta intraprendendo va oltre l’alpinismo.
I tre giorni che servono per arrivare al campo 3, ci fanno capire subito che tipo d’esperienza abbiamo iniziato, che tipo di viaggio, anche mentale, ci troveremo ad affrontare per i prossimi 14 giorni. Tirare con gli sci una slitta pesantissima su sterminate distese di ghiaccio, per poi arrivare, dopo 4 o 5 ore, in prossimità della zona dove scavare una buca nella neve, per piantare la tenda protetta dal vento gelido della notte artica, e poi iniziare a sciogliere neve per procurarsi acqua da bere e per cucinare, ti fa capire subito quanto si è lontano dalle abitudini di casa, dove basta aprire un rubinetto per avere tutta l’acqua che si vuole, calda e fredda.
Tutto questo ci accompagna fino al campo 3 di Motorcycle Hill, a 3.410 m, ed a 15 km dal punto in cui il piccolo aereo Cessna ci ha depositato sul ghiacciaio tre giorni fa. Da questo punto in avanti inizia la parte più “alpinistica” della salita, le pendenze si fanno più sostenute, e per trasportare tutta l’attrezzatura ed i viveri ai 4.400 m di Medical Camp (campo 4), occorrono due giorni, ripercorrendo lo stesso tragitto due volte (agevolati nella discesa dai nostri sci).
Arrivati a Medical Camp (considerato il Campo Base Avanzato per la salita del Denali), ci accorgiamo che non ci sono le condizioni per la discesa dalla cima con gli sci, come c’eravamo prefissati, quindi, da questo punto in avanti, si procederà a piedi, “armati” solo di ramponi, piccozza e zaino pesantissimo (visto che anche le slitte rimarranno al Medical Camp).
I 4.400 m del campo 4, sono il punto in cui ci si ferma più a lungo, tanto che ad un certo punto, questo luogo sembra trasformarsi nella nostra “casa”, soprattutto se, come nel nostro caso, il brutto tempo e la neve costringono a passare fermi in questo punto (e per la maggior parte del tempo in tenda), cinque giorni nell’attesa che le condizioni migliorino. Con il passare del tempo si inizia a fare amicizia con le altre persone che, come noi, sono ferme qui nell’attesa di un miglioramento meteo, persone che hanno condiviso con noi questa prima parte del percorso, e che condividono con noi il sogno di raggiungere la vetta.
Ognuno segue la propria strada, la propria strategia di salita, ma per tutti l’incognita principale è il tempo, cosi, quando ci s’incontra nel campo, l’argomento di discussione (in tutte le lingue possibili) è sempre lo stesso: quando miglioreranno le condizioni meteo? C’e’ chi, in contatto satellitare con chissà chi, si fa mandare previsioni meteorologiche che immancabilmente vengono smentite, c’e’ chi si affida a strane conoscenze scientifiche acquisite sui libri, ma l’unica cosa certa è che in questo posto, prevedere il tempo che farà è impossibile.
L’unico modo è alzarsi la mattina, uscire con la testa dalla tenda e sperare che: se il tempo è bello rimanga tale, se invece è brutto migliori, permettendoti di fare quello per cui sei venuto fin qui. Dopo 5 giorni d’attesa, decidiamo che è venuto il nostro momento. Avevamo gia portato una parte di viveri e materiale verso il campo alto, lasciati però in una buca nella neve a circa metà strada, quando la forza del vento ci aveva costretto a tornare al campo 4.
Ora dovevamo necessariamente arrivare ai 5.300 m del campo alto, per poi tentare la salita alla vetta. I giorni a nostra disposizione stavano per finire, ma soprattutto lo stare fermi, l’impossibilità di agire e la vita entro le ridotte dimensioni di una tenda di 3 m X 2 m, stavano pesando più che sul nostro fisico, sul nostro morale.
La mattina del 6° giorno al Medical Camp, il tempo non è dei migliori, non è certo migliorato quanto avremmo voluto, tanto che arrivati al punto in cui avevamo lasciato la nostra roba la volta precedente, inizia a nevicare, ma almeno non c’e’ molto vento, e possiamo affrontare la lunga cresta di roccia e neve che porta al campo 5 (High Camp), posto proprio sotto la cima del Denali, a 5.300 m.
Montata la tenda (e costruiti alti muri con blocchi di neve tutto attorno), il tempo sembra migliorare, e progressivamente questo posto, da cupo e tetro come appare avvolto dalle nuvole, si rivela come una sorta di paradiso, quando le nuvole rimangono sotto a formare un tappeto soffice, e lo sguardo può perdersi nell’orizzonte infinito che l’alta quota può permetterti di ammirare. A quest’altezza il respiro rimane sempre affannoso, ed ogni movimento deve essere lento e ragionato.
Se provi anche solo un attimo a mantenere il ritmo frenetico che si ha a casa, la testa inizia a pulsare, riportandoti ad una lentezza che ti permette di contemplare la magnificenza di quanto ti sta attorno. Visto l’accenno di miglioramento del tempo, decidiamo che domani sarà il nostro giorno per tentare di raggiungere la vetta, avremo solo quello a disposizione, e cercheremo di fare di tutto per vincere la nostra sfida.
La notte al campo alto trascorre lenta, si dorme poco (un po’ per la quota ed un po’ perché a queste latitudini, in questo periodo, il sole non tramonta mai) e fa molto freddo, tanto che quando decidiamo che è ora di fare colazione e poi partire, ci accorgiamo che l’interno della tenda è completamente rivestito di ghiaccio, come ghiaccio si è formato sulla parte esterna dei nostri sacchi a pelo.
Usciti dalla tenda ci accorgiamo subito che la giornata non è delle migliori. Alcune nuvole si stanno addensando sulla cima, ed il vento inizia a rinforzare. Partiamo ugualmente, questa è la nostra ultima occasione da giocarci. All’inizio procediamo abbastanza bene, siamo ben acclimatati e avanziamo velocemente, ma il tempo peggiora più velocemente di noi, e quando sbuchiamo in prossimità del Denali Pass a 5.700 m, il vento è talmente forte che quasi non ci permette di rimanere in piedi, e si porta appresso anche un gelo che ti entra subito nelle ossa.
Cerchiamo di procedere per vedere se la situazione accenna a migliorare, ma oltre al vento ed al freddo, dalle nuvole che progressivamente ci hanno circondato, inizia a nevicare. A questo punto basta uno sguardo tra di noi per prendere la decisione che non avremmo mai voluto prendere…: si torna indietro, il nostro tentativo di salire ai 6.194 m della vetta del Denali, si ferma a circa 5.700 m, ad un soffio (è proprio il caso di dirlo visto il vento che c’era….) dalla vetta.
Mentre torniamo verso il campo alto, le condizioni peggiorano ulteriormente, la nevicata si fa più intensa, e questo in parte ci rincuora sul fatto che la decisione presa sia stata quella giusta. Questa volta ha vinto la Montagna, che si è presa anche la libertà di beffarci, dandoci, il giorno dopo la nostra partenza dal campo alto (e smentendo per l’ennesima volta qualsiasi previsione meteo!!!), una giornata splendida di sole, senza vento ed ideale per salire sulla vetta, come poche se ne vedono da queste parti…
...ma noi, ormai, stavamo gia scendendo, un po’ abbattuti, ma in fondo consapevoli di aver fatto, per noi, una grandissima esperienza, dalla quale siamo usciti solo in parte sconfitti da una Montagna che si è rivelata essere al tempo stesso immensa e splendida, ma anche in certi casi terribile e temibile.
Noi siamo in ogni caso orgogliosi di quanto abbiamo fatto, e se non possiamo certo consigliare questo tipo di viaggio ad altri, quello che possiamo proporre è di cercare ognuno la propria “Last Frontier” come abbiamo fatto noi, e di impegnarsi per raggiungerla, per quanto possibile ed indipendentemente dalla componente avventurosa o “estrema” che questo richieda (spesso è più vicino e raggiungibile di quello che c’immaginiamo).
Tutte le foto: Denali 2008
Articolo pubblicato anche su Popolis.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

Devi essere una persona estremamente fortunata se le persone a te più care ti lasciano andare e venire per il mondo solo soletto con l'avventura come unica compagna...incredible, volevo sapere come fare per aggiungermi alla prossima spedizione, sono una persona discreta, parlo poco e non mi puzzano mai i piedi. E poi se può servire conosco un sacco di supereroi...mi hanno detto che al Pic Lenin accettano solo spedizioni dispare, minimo tre persone...saluti cordialissimi, Dott. Patac