lunedì 25 agosto 2008

Nel Caucaso Russo...Mt. Elbrus m. 5.642

Dopo i primi viaggi in Nepal e Cile/Bolivia (di cui parleremo più avanti), con il Caucaso inizia la fase dei nostri viaggi “autoorganizzati”, cosa che dà una componente di soddisfazione in più…..oltre ad una incredibile mole di lavoro preparatorio!
Oggi ripensiamo a quei luoghi con il dolore negli occhio, nel vederli teatro di una delle tante guerre che per vari motivi, la maggior parte dei quali economici, mettono l’uomo contro l’uomo….
Ecco cosa scrive Luigi della nostra avventura in Caucaso del 2004….buon viaggio!!

“Sul volo di ritorno dal Cile incontrammo un nostro amico trentino di Ziano di Fiemme che rientrava dalla Patagonia e durante il lungo volo transoceanico tra vari racconti uscì un'idea: salire e scendere con gli sci il Monte Elbrus. Perchè no...
L'Elbrus è un vulcano spento, ricoperto dai ghiacciai, situato nel Caucaso, che con i suoi 5.642 metri è considerata la cima più alta d' Europa. La preparazione del viaggio è iniziata con le inevitabili corse burocratiche per il visto e le scartoffie, fino ad arrivare finalmente il 3 maggio a Mosca. Un pernotto veloce (sveglia alle 4.30 del mattino) ed eccoci seduti su un Tupolev-137 dell'Aeroflot che, nonostante la nostra poca fiducia, ci deposita dopo 2 ore e mezza all'aeroporto di Mineralvody. Qui ad attenderci una selva di finti tassisti e scelto il più "affidabile" ci facciamo scarrozzare in circa 3 ore a Terksol, base di partenza delle nostre gite.
Il vitto e l'alloggio hanno bisogno di un periodo di rodaggio (pollo e lenticchie a colazione!!), comunque è regola adeguarsi alle usanze dei paesi in cui si è ospiti. La cima prescelta per il primo assaggio di Caucaso è Monte Cheghet, una cima di 3450 mt.; lo scenario è bello anche se parte della salita si svolge lungo gli impianti di risalita e fa un caldo estivo. Con gli sci raggiungiamo la vetta invernale, dove si gode un fantastico panorama del nostro obiettivo principale: l'Elbrus. E' incantevole e decidiamo di recarci subito l'indomani in perlustrazione. La discesa ci riserva non poche fatiche, perché a causa del caldo le condizioni della neve non sono delle migliori. Resta comunque una bella sciata, contornata dallo scenario stupendo delle vette della vicina Georgia.
La mattina seguente, con una prima teleferica, raggiungiamo quota 2.900 sulle pendici dell'Elbrus. Il tempo è bello; calzati gli sci e messo in spalla lo zaino, abbastanza pesante perchè portiamo i primi viveri e la tenda, cominciamo la salita verso la Stazione Mir (3.400 mt.) e successivamente ai famosi "Barrels" (bivacchi di metallo dalla forma cilindrica). La cima è sempre davanti a noi e la forma ricorda proprio il seno di una donna. Qui incontriamo il gestore (finalmente qualcuno che parla inglese) al quale chiediamo se è possibile restare qualche notte; dapprima si mostra dubbioso perchè non abbiamo una guida, ma poi (botta di culo) ci concede 3 notti. Sciamo fino a valle, seguendo una pista che sembra preparata per una gara di discesa su gobbe, ma soddisfatti per la "conquista" di due brande in un "barrel".
Risaliamo la mattina successiva e, sistemato il nostro materiale, decidiamo di salire ulteriormente per acclimatarci. Il tempo è però cambiato e la visibilità è ridotta a niente... raggiungiamo la soglia dei 4.500 metri. quando incontriamo una squadra di soccorso che ha appena recuperato una decina di persone e ci consiglia di scendere. Facciamo tesoro del consiglio e scendiamo ai barrels a riposare... Nella notte fa 30 cm di neve e il vento è forte, tanto che al mattino alcune tende che erano accampate poco distante, non sono più al loro posto..... Passiamo la giornata cazzeggiando, raccogliendo informazioni sulla salita (i russi dicono che dai "Barrels" occorrono mediamente 10 ore per la sola salita) e programmiamo l'assalto alla cima per il giorno successivo, domenica 9 maggio. Partenza prevista ore 2.30. Siamo noi due e Benedetto, uno svizzero conosciuto sul posto che ci ha chiesto di potersi unire a noi (lui è però senza sci).
Svegli ore 01.45. Sguardo fuori dalla porta: il tempo è incerto ma stranamente non c'è vento. Facciamo colazione e decidiamo di partire subito: ci aspettano 1.950 metri di dislivello. La salita non è su neve, ma su ghiaccio vivo a causa della bufera e del vento che aveva imperversato e così al rifugio Piutt11 già dobbiamo mettere i rampanti. Raggiungiamo all'alba le rocce Pasthunov e all'orizzonte si notano alcuni accumuli nuvolosi, ma niente di preoccupante, e soprattutto il vento continua a lasciarci in pace permettendoci di salire con costanza. Abbiamo davanti a noi due battistrada che sono partiti dal rifugio Priutt 11 e li raggiungiamo sulla sella tra la vetta ovest ed est a quota 5.300 metri alle 8.30. Prendiamo fiato e osserviamo l'ultimo pendio che sale al cratere sommitale: ghiaccio vivo. Breve consulto e decidiamo di affrontarlo sci in spalla con i ramponi. Il peso però rallenta ulteriormente il passo già influenzato dall'altitudine, ma mancano "solo" 300 metri alla vetta e l'adrenalina sovrasta la fatica. Arrivati sul pianoro sommitale cerchiamo con lo squardo la vetta: sull'ultima guglia in fondo si erge il cippo di vetta. E' praticamente fatta. Ivan mi precede di qualche centinaia di metri e sotto la cima si sbraccia per incitarmi a fare presto. Un ultimo sforzo... Alle ore 10.10 ci abbracciamo sul tetto del vecchio continente. Siamo solo noi tre ed è fantastico; scende un lieve nevischio, ma nessuno di noi se ne accorge, occupati nei complimenti e nelle foto di rito.
Verso le 10.30 iniziamo la discesa con gli sci. Sembra cemento tanto è dura la neve; si cerca di sciare o almeno l'idea sarebbe quella, ma le gambe rispondono quando vogliono. Dieci ore dopo la partenza alle 12.30 siamo di nuovo ai "Barrels", stanchi ma soddistatti. Ci spogliamo e finalmente sdraiati ripercorriamo la giornata e ripensando alla vetta l'emozione è ancora forte. Il tempo nel frattempo è di nuovo peggiorato e allora scrutiamo l'orizzonte per assicurarci che anche il nostro amico svizzero, che è senza sci, finisca le sue fatiche; non lo vediamo arrivare quando lui si presenta alla porta con tre birre per brindare al successo, alle quali noi uniamo del pane, formagggio, fichi secchi e cioccolato. Non è la miglior merenda a cui si possa aspirare, ma ha il sapore della vittoria.
La mattina seguente il tempo è ancora brutto e ci svegliamo con 20 cm. di neve fresca e così anche il giorno successivo che volevamo dedicare ad un'altra escursione. Ogni tanto qualche occhiata di sole passa dalle nuvole e ci lascia ammirare dei paesaggi stupendi soprattutto la sera al tramonto, ma ci rendiamo conto di avere avuto un buona dose di fortuna ad avere condizioni meteo discrete, infatti su 5 giorni passati sulla montagna 1 solo ci sono state le condizioni per salire e noi fortunatamente eravamo pronti.
Ormai la nostra vacanza volge al termine. Torniamo a Mosca dove ci aspettano emozioni non da meno, come La Piazza Rossa e il Cremlino e ci aspetta anche l'aereo per il ritorno in Italia e alla vita quotidiana.”


tutte le foto Elbrus 3-16 maggio 2004

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